Nuotando insieme e divertendomi a scriverne.
In piscina.
Mi avvicino al bordo.
Cerco di capire qual è la corsia meno affollata.
Per decidere prendo in considerazione certamente il numero di persone presenti in ogni corsia, ma vengo presa anche da un’altra serie di valutazioni.
Mentre mi tolgo le ciabattine e l’accappatoi, di base nella mia testa ho due macro-categorie:
- Quelli che vanno veloci e fanno quattro vasche di seguito e poi si fermano e guardano il tempo che hanno fatto. E ripartono. Probabilmente si allenano per qualche gara. Oppure, mi dico, saranno quel tipo di persone per cui la prestazione fisica è fondamentale e si cronometrano in ogni momento della loro vita misurando i proprio risultati e spostando sempre avanti il traguardo che si fissano.
- Poi ci sono le persone che per età o per altri fatti loro che non so o semplicemente perché gli va così vanno piano. A volte molto piano. E a volte vanno a zig zag.
Puntualmente a queste due macro-categorie che creo e che non esistono se non nella mia testa, si associano giudizi, impazienze, insofferenze, opinioni, certezze su cosa è giusto e cosa invece è sbagliato ecc.
E poi c’è un terzo gruppo che creo, di solito meno numeroso e che- mi dico- è composto da quelle persone che vanno ad una velocità “normale”. Quelli “normali” insomma! Cioè come me! che vanno ad una velocità “giusta”, no?
In tutti questi ragionamenti, sono sempre lì sul bordo. La situazione mi sembra un po’ caotica, tra piedi e braccia che sbattono e acqua che schizza. Mi rassegno a scegliere, sapendo che la corsia perfetta non esiste probabilmente e l’unica cosa da fare è buttarsi.
E così decido. Corsia 4!
E improvvisamente sono a bagno, alla stessa altezza degli eventi e nel cercare di capire come funzionare insieme tra noi che ci siamo trovati in questa stessa corsia e che senza conoscerci e senza indicazioni particolari abbiamo da coordinarci in qualche modo se vogliamo godere di questo tempo in piscina. Ognuno di noi ha una propria storia, desideri, piccoli traumi, esperienze di compagni di corsia ideali e altri che non vedi l’ora che escano. O fantasmi anche…. Una volta nello spogliatoio, ho colto parte della conversazione della mia vicina di doccia che diceva che ogni tanto c’è un uomo con la cuffia verde che nuota proprio in centro alla corsia, come ci fosse solo lui, e ti arrivano delle manate tremende e, se glielo dici, si arrabbia. Dopo questo racconto, ovviamente nel momento della scelta della corsia guardo sempre il colore delle cuffie!
E via allora, eccoci dove non si tocca, a cercare di capirci senza nessuna parola e con quei pochi cenni essenziali che gli occhialini permettono di scambiarci: chi parte; la distanza che ci si lascia; il coordinarsi nei diversi ritmi di nuoto e di pause; quel momento in cui ci s’incrocia e si gestisce quel possibile rischio di darsi pedate o manate. E quando questo succede. Nella maggior parte dei casi, succede che a poco a poco si prende un ritmo, si mettono in atto una serie di accorgimenti e si trova un piccolo linguaggio comune per quel tempo e quello spazio che ci si trova a condividere.
Al “traffico” da gestire a livello esterno, corrisponde un “traffico” interno fatto di pensieri, giudizi sugli altri e auto-giudizi. E’ anche un traffico di convinzioni e modalità di comportamento abituali. Per esempio, mi accorgo che molto spesso io tendo a schiacciarmi completamente contro i divisori delle corsie o contro il bordo nell’intenzione di “dare meno fastidio possibile”. Molte volte penso di dovermi spostare e lasciare passare avanti quelli che penso che stiano pensando “che lenta questa qui!”. Ed è tutta farina del mio sacco questa perché in realtà nessuno mi sta dicendo di spostarmi. Incredibile! Ho da resistere molto a questa tentazione di “mettermi da parte”. E semplicemente nuotare con il ritmo che il mio corpo mi permette o che io desidero avere, ricordandomi che come esistono gli altri, così esisto anch’io. E coesistiamo. Nella stessa corsia! E non è che qualcuno abbia più diritto di altri di esistere.
E tu che mi stai leggendo che pensieri scopri di avere? come ti muovi, che tu sia in piscina o in situazioni che possono ricordarla? come ti relazioni con le altre persone con cui ti capita di condividere spazi?
Inaspettatamente questa storia della piscina diventa occasione per fare un lavoro tra e me e me. Un buon motivo quindi, oltre ai benefici sulla salute, per decidere di prolungare l’abbonamento. Così da accogliere l’obiettivo di “affrontare” l’uomo misterioso con la cuffia verde che un giorno magari arriverà proprio nella corsia dove sarò io. Sarò allora così avanti nel mio “allenamento” per non mettermi da parte e semplicemente affermare che sono lì anch’io? E saprò chiedergli con gentilezza e altrettanta chiarezza e fermezza di nuotare a sinistra o a destra e non nel mezzo della corsia e di tenere conto che non è da solo? Beh, magari con l’abbonamento mensile non ce la faccio. Vediamo con quello trimestrale. Ho fiducia in quello semestrale!
Mentre mi asciugo i capelli nello spogliatoio, penso alle mie esperienze di corsia. A volte non funziona particolarmente bene e ci si lascia a fine nuotata con un po’ di sollievo. A volte funziona proprio male e si decide di cambiare corsia. A volte funziona alla grande e allora ci si porta a casa una gioia, una fiducia e uno stupore leggero rispetto alla nostra possibilità di coordinarci in qualche modo, di nuotare in modo armonioso insieme. Nel tempo di una nuotata, tenendo insieme una bracciata e il senso e l’attenzione agli altri, una bracciata dall’altra parte e l’occupare il proprio spazio, il prendere aria e l’intenzione e il cercare il modo di stare insieme e di condividere spazi nella considerazione e ascolto reciproco dei “ritmi” e “stili” e delle esigenze di ciascuna e ciascuno.
Ora non so se la vita è proprio come una nuotata in piscina. Anzi non credo proprio e non vorrei farmi prendere la mano per trovare un finale a questo mio scritto di ritorno dalla piscina.
In ogni caso, sicuramente c’è tanta vita in una piscina!
E allora buona nuotata a tutte e tutti.