Come resistere tappati in casa senza dare troppo i numeri.

Ascolta i tuoi bisogni, comunicali a chi ti sta accanto e trova nuovi modi per soddisfarli.

Emergenza Covid-19. Inizia la mia terza settimana chiusa in casa.

Penso ai tanti che come me iniziano un’altra giornata nella mia stessa situazione. Per alcuni significa trovare il modo di continuare il proprio lavoro da casa; per chi ha figli in età scolare significa aiutarli nei compiti e ad organizzarsi lunghe giornate senza le normali attività e occasioni di incontro con coetanei; e per altri significa vivere ancora più intensamente la fatica di conciliare il proprio lavoro e la cura dei figli; per molti altri significa fare i conti con lavori che saltano e vedere nel proprio futuro ancora più incertezza di prima e dover gestire l’ansia e la preoccupazione mentre magari ci si occupa dei figli, dei propri vecchi; per altri significa convivere ancora più strettamente con la propria solitudine. 

Situazioni diverse che sono però accomunate dal trovarsi a vivere una situazione per tutti nuova e inimmaginabile fino a qualche settimana fa. Per tutti significa dover cambiare radicalmente ritmi, organizzazioni, abitudini, dalle più piccole alle più grandi. 

  Questa situazione richiede ad ognuno di noi di tirare fuori risorse di resilienza che forse neppure sappiamo di avere. 

Mi viene l’immagine di quando sulla spiaggia, per cercare l’acqua si fa un buco con la paletta e più ci si allontana dal mare più è necessario scavare in profondità. Ecco, in questi giorni, ci toccherà scavare molto per trovare tutte le nostre risorse, per noi e per gli altri. 

La necessità di ascoltarci e di prenderci cura dei nostri bisogni e della qualità delle nostre relazioni aumenta nella stessa misura in cui lo spazio diminuisce.  

Per chi come me, ha la fortuna di condividere la casa con altre tre persone, di età ed esigenze diverse, le possibilità di “pestarci i piedi” a vicenda in questa situazione aumentano enormemente.

La sensazione di essere tutti sulla stessa barca è molto forte. E alla terza settimana, a volte, la barca sembra restringersi e si comincia a temere che si ribalterà se non aumenteremo la nostra capacità di guardaci e sostenerci tra noi. 

Prima questione che in questi giorni mi si svela con più chiarezza: ognuno di noi ha dei bisogni e cerca di soddisfarli mettendo in atto le strategie che in quel momento paiono le migliori o le più percorribili.

E questo vuol dire che sulla barca stretta con cui navighiamo questa situazione difficile, se non ci mettiamo in ascolto dei nostri bisogni, se non ce li comunichiamo e rimaniamo aggrappati alle strategie scelte e messe in atto fino a questo momento, probabilmente finiremo presto in un mare di frustrazione, impotenza e rabbia per i divieti che vogliamo rispettare e che c’impediscono di soddisfare i nostri bisogni nel modo in cui lo facevamo prima. Per esempio: se fino a ieri, potevo prendermi cura del mio corpo uscendo per una passeggiata, un giro in bici e andando a fare yoga, oggi mi scontro con il fatto che non è possibile. Ma il mio bisogno di benessere e di movimento non è andato in quarantena ed è sempre presente e quindi, come riconoscerlo e trovare altri modi per soddisfarlo? come non riversare la mia frustrazione sulle altre persone con cui condivido lo spazio?

Ecco che mi sento completamente bloccata, senza scelta e con un nervoso e una rabbia che sento crescere.

E allora mi fermo. Respiro e mi prendo il tempo di accogliere e di sentire tutta l’importanza e la forza vitale contenuta nel desiderio che il mio corpo ha di muoversi. E mentre sento il mio corpo che mi chiede movimento con messaggi sempre più chiari, provo a lasciar andare le vecchie strategie che in questo momento non posso utilizzare e ad aprirmi a nuove possibilità. E se fino a questo momento non avevo mai pensato di seguire un tutorial su internet di ginnastica o yoga, ora mi appare una via da sperimentare. E se fino a questo momento non avevo mai pensato (almeno nella mia vita da adulta) di mettermi la musica ad alto volume e ballare da sola chiusa in stanza, adesso lo faccio e sentendomi un po’ buffa e un po’ impacciata, mi butto. Ed è in fondo così facile, sento la mia energia ritornare e sono piena di fiducia….. fino a quando la porta si apre e vengo interrotta. Una volta. Due volte. Tre volte!

Penso: Ma come fa la mia famiglia a non capire che è un momento tutto per me, importante, fondamentale per il mio benessere? ma perché se ne fregano così?

Mi risale la rabbia.

E allora mi fermo. Respiro e mi rendo conto di aver proprio saltato un passaggio importante: comunicare agli altri cosa sto facendo e perché e chiedere loro di lasciare chiusa la porta di camera mia senza chiedermi nulla per 30 minuti al giorno.

Dopo quest’ultimo fondamentale passaggio, sono pronta per ripartire. Non posso avere la certezza assoluta che tutto funzionerà a meraviglia ma sicuramente ho molta più speranza di prima. Rimetto la musica e via! Ed è così che per 30 minuti ogni giorno la mia camera diventa la mia palestra e la mia sala da ballo. Il mio corpo ha il movimento e l’attenzione di cui ha bisogno, il mio umore migliora e va tutto meglio anche per gli altri componenti dell’equipaggio …. Per i 30 minuti in cui mi tolgo dalle scatole e perché dopo sono più simpatica e disponibile …..almeno per qualche ora! 

E la navigazione continua…. 

La Cnv come risorsa preziosa in questo periodo di emergenza. Se vuoi approfondire la conoscenza della CNV, nella pagina dedicata trovi delle informazioni utili per orientarti.

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